Sono una donna che si è destata – il canto libero di Meena Keshwar Kamal

Lo spazio di Atena

di Matilde Cesaro

La poesia è un canto libero. Si diffonde implacabile e conduce attraverso percorsi coraggiosi.
La poesia libera, supera i confini, oltrepassa le barriere, diffonde il suo messaggio inarrestabile.
La poesia permane e incide, lascia tracce non più cancellabili, risveglia coscienze.
La poesia allenta vincoli, restrizioni, limitazioni.

Lo aveva intuito Meena Keshwae Kamal nata a Kabul, il 27 febbraio del 1956, due anni prima che le donne afghane ottenessero la libertà di mostrarsi senza velo in pubblico. Poetessa, femminista afgana e attivista per i diritti delle donne. La sua storia, i suoi versi e le sue parole, sono un manifesto – “Sono una donna che si è destata” – a non cedere mai nemmeno di fronte a regimi oppressivi e violenti come quello in cui è nata e ha vissuto la sua intensa vita.

Mai più tornerò sui miei passi

Sono una donna che si è destata
Mi sono alzata e sono diventata una tempesta
che soffia sulle ceneri
dei miei bambini bruciati
Dai flutti di sangue del mio fratello morto sono nata
L’ira della mia nazione me ne ha dato la forza
I miei villaggi distrutti e bruciati mi riempiono di odio contro il nemico…

Nel 1977 fondò l’Associazione Rivoluzionaria delle Donne dell’Afghanistan – RAWA,  (“Revolutionary Association of the Women of Afghanistan“, l’unica organizzazione femminista rivoluzionaria in lotta per i diritti della donna e per un governo democratico, contro “il più orrendo regime fondamentalista del mondo“) per promuovere l’uguaglianza e l’istruzione per le donne. Meena e le sue compagne si riunivano in clandestinità, sostenendo e infondendo fiducia e coraggio alle donne, insegnando loro i possibili modi per diminuire la dipendenza dagli uomini e incoraggiandole – “Addio ho detto a tutti i bracciali d’oro” – a sfidare le regole patriarcali – “La mia vita ho trovato e non tornerò più indietro”. L’associazione promuove inoltre progetti di autofinanziamento per le donne afghane, come la produzione di marmellata e la vendita di prodotti di artigianato.

Sono una donna che si è destata,
La mia via ho trovato e più non tornerò indietro.
Le porte chiuse dell’ignoranza ho aperto
Addio ho detto a tutti i bracciali d’oro
Oh compatriota, io non sono ciò che ero.
Sono una donna che si è destata.
La mia via ho trovato e più non tornerò più indietro.
Ho visto bambini a piedi nudi, smarriti e senza casa
Ho visto spose con mani dipinte di henna indossare abiti di lutto
Ho visto gli enormi muri delle prigioni inghiottire la libertà
nel loro insaziabile stomaco…

Solo due anni dopo, nel 1979, manifestò contro il governo fantoccio russo che controllava l’Afghanistan e organizzò incontri nelle scuole per sollecitare il sostegno contro quel governo.

Nel 1981 diede vita a  una rivista bilingue, in persiano e in pashtun, Payam-e-Zan, ovvero “Messaggio alle donne”, per spiegare la necessità di opporsi al fondamentalismo talebano.  Attraverso “Payam-e-Zan”, RAWA valica le frontiere nazionali, e ha finalmente modo di lanciare con coraggio ed efficacia la causa delle donne afghane, denunciando costantemente la natura criminale dei gruppi fondamentalisti. Contemporaneamente, Meena continua il proprio progetto per l’alfabetizzazione. A sostegno delle attività dell’ associazione rivoluzionaria è il progetto dell’apertura della biblioteca-centro di alfabetizzazione.

Sono rinata tra storie di resistenza, di coraggio
La canzone della libertà ho imparato negli ultimi respiri,
nei flutti di sangue e nella vittoria
Oh compatriota, oh fratello, non considerarmi più debole e incapace
Sono con te con tutta la mia forza sulla via di liberazione della mia terra.
La mia voce si è mischiata alla voce di migliaia di donne rinate
I miei pugni si sono chiusi insieme ai pugni di migliaia di compatrioti
Insieme a voi ho camminato sulla strada della mia nazione,
Per rompere tutte queste sofferenze, tutte queste catene di schiavitù,
Oh compatriota, oh fratello, non sono ciò che ero
sono una donna che si è destata
Ho trovato la mia via e più non tornerò indietro.

Partecipò a marzo del 1982 a Milano al 19° Congresso del PSDI come rappresentante della resistenza afghana contro l’invasione sovietica. Man mano che la sua voce acquisiva forza  le repressioni contro la RAWA aumentarono. Spostò allora la sua sede in Pakistan.

Nel campo profughi di Quetta, trovarono rifugio centinaia di afgani fuggiti dal conflitto bellico del paese. Fondò allora  la scuola Watan, “patria” in lingua farsi, che si rivolgeva a bambini e donne dei campi che non avevano avuto alcuna istruzione o formazione professionale.

La scuola accolse  500 ragazzi e 250 ragazze, una grande vittoria per Meena che allo stesso tempo stava organizzando una raccolta fondi internazionale per la costruzione di un ospedale.  

L’attività politico-sociale di Meena si spinge oltre: crea centri d’artigianato per le donne, al fine di sostenere finanziariamente le donne afghane. Alla fine del 1981, su invito del Governo francese, Meena rappresenta il movimento afghano di resistenza al Congresso del Partito Socialista Francese. La delegazione sovietica presente al Congresso abbandona la sala quando i partecipanti applaudono Meena.

Qualunque azione facesse sul territorio aumentava il pericolo di ritorsioni contro di lei. Meena ne era ben consapevole ma non si tirò mai indietro e  non rinunciò a portare avanti la sua missione.

Oltre alla Francia, la leader antifondamentalista visita anche altri paesi europei e incontra personalità importanti, fino a quando il suo lavoro sociale attivo, unito all’effettiva lotta contro le posizioni dei fondamentalisti e del regime fantoccio, provocano l’ira dei russi e dei fondamentalisti.

Il 4 febbraio del 1987, a soli 31 anni, fu uccisa dagli agenti della polizia segreta afghana o dai loro complici fondamentalisti a Quetta, in Pakistan.

Che cosa dovrei cantare?
Io, che sono odiata dalla vita.
Non c’è nessuna differenza tra cantare e non cantare.
Perché dovrei parlare di dolcezza?
Quando sento l’amarezza.
L’oppressore si diletta.
Ha battuto la mia bocca.
Non ho un compagno nella vita.
Per chi posso essere dolce?
Non c’è nessuna differenza tra parlare, ridere,
Morire, esistere.
Soltanto io e la mia forzata solitudine
Insieme al dispiacere e alla tristezza.
Sono nata per il nulla.
La mia bocca dovrebbe essere sigillata.
Oh, il mio cuore, lo sapete, è la sorgente.
E il tempo per celebrare.
Cosa dovrei fare con un’ala bloccata?
Che non mi permette di volare.
Sono stata silenziosa troppo a lungo.
Ma non ho dimenticato la melodia
Perché ogni istante bisbiglio le canzoni del mio cuore
Ricordando a me stessa il giorno in cui romperò la gabbia
Per volare via da questa solitudine
E cantare come una persona malinconica.
Io non sono un debole pioppo
Scosso dal vento
Io sono una donna afghana
E la (mia) sensibilità mi porta a lamentarmi.

La poesia di Meena è denuncia coraggiosa in difesa di tutte le minoranze e in particolare delle donne. La sua poesia non si piega al patriarcato  e  in un certo senso lo sfida, sfida un potere oligarchico che rinchiude, offende,  viola diritti umani in particolare quelli delle donne a cui sono state negate l’identità, la dignità, il ruolo sociale nonché l’accesso all’istruzione e alla cultura in nome di un fondamentalismo religioso che di nuovo oggi fa sentire la sua voce crudele e feroce.  

La sua poesia è altresì un manifesto per promuovere una cultura di pace, di rispetto delle diversità, dei diritti umani e dei diritti delle donne.

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