Flavio Malaspina: “Un buffetto” con commento di Elena Deserventi

Un lungo verso iniziale che si inarca in un verso monosillabico e rantola in una parola definitiva. In un crescendo verso il precipizio. Dalla “paura della morte” al “nulla”, all’oblio”. Non passaggi, ma chiarificazioni nude, senza infingimenti.
La trasposizione da una condizione generale all’io del poeta, comporta un verso di cerniera a indicare l’onnipresenza della morte accanto, ma rovescia la vertiginosa paura iniziale in un rapporto confidenziale possibile, se gli agenti sono ben individuati, tra la morte e chi se la fa compagna, colta nel gesto tipicamente confidenziale della”pacca sulla spalla”.
L’ultima strofa regala anche all’uomo in generale, la possibilità di accontentarsi di un”buffetto”. “In certi frangenti”. La morte non è palesata, ma implicita e allora si può essere ancora più sicuri di un gesto particolarmente affettuoso, “un buffetto” quasi che la Signora con la falce, lasci il posto a una condizione più lieve, anche se non priva di tremore, “certi frangenti”
In pochi versi lineari chiari distesi, il poeta si fa portavoce di un atteggiamento positivo di fronte a qualsiasi accadimento, fosse anche il più irrevocabile, come la morte.
Basta sentirla non antagonista , ma compagna di viaggio e, come tale, accettarne la gestualità confidenziale, sempre più tenera e consolatoria.
Sì, perché quando si guardano le cose con occhio chiaro e cuore sereno, si può capire che fino a che c’è vita, tutto fa parte del viaggio che essa rappresenta per l’uomo singolo e per l’umanità in genere.
E i mostri creati dalla nostra fragilità, si trasformano con naturalezza nelle bonarie frequentazioni quotidiane.
Saggezza di chi sa accontentarsi di ciò che gli è concesso. Uomo noto o meno che sia. Io, tu, lui, noi che procediamo con semplicità nel nostro destino e, per esempio, un poeta come Dante, che, immergendosi nel mistero del vivere, ha ricordato agli uomini di tenere a freno elucubrazioni troppo complesse per i loro strumenti di indagine “State contente umane genti al quia”.

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