di Beatrice Orsini
Accostare il personaggio di Antigone significa accostare una certa dimensione del femminile nel suo lato meno dispiegabile e normato. Figura dello sconfinamento, la definisce Lacan, per indicare il punto estremo cui può tendere l’assunzione di un desiderio non sottomesso alle leggi dell’Altro; motivo per cui l’etica non coincide mai né con la legge, né con la giustizia, né con la morale.
Si ha da sempre, del resto, a torto o a ragione, una visione del femminile in chiave domestica: il femminile in quanto dimensione di cura dell’altro, di regolazione di un certo disordine (sia esso del bambino, della casa o delle vicende esterne), di riparazione ai mali de mondo. In modo drastico se ne potrebbe parlare in termini di sottomissione. In altri frangenti questa redazione ha affrontato il tema del controllo che il maschile ha operato e continua ad operare sul corpo della donna, ma non è questa la sede in cui riprenderlo, anche perché la ribellione di Antigone alle leggi della polis e ai dettami di Creonte va oltre questo campo di battaglia. Antigone stessa ha origine da una condizione di disordine, frutto di un incesto, seppur involontario, e dunque di un’infrazione della Legge. Forse, proprio l’essere fuorilegge, nel senso di essere stata originata al di là della legge che presiede e regola le relazioni tra i sessi e le generazioni, consente ad Antigone di porsi oltre la legge imposta, in questo caso specifico da Creonte, ma più in generale dall’Altro che rappresenta l’autorità. Se dunque Antigone non obbedisce alla legge del Maître, alla voce del padrone, a quale Altro lega il proprio volere e agire? Di cosa si fa destino? Cosa la muove? “Hai un cuore che brucia per cose di ghiaccio”, le rimprovera Ismene, ormai consapevole di non poter dissuadere la sorella dal compiere il gesto cui si è votata e ugualmente incapace di seguirla in questa sua decisione. Ismene sembra rintracciare il desiderio che muove Antigone in un campo altro da quello delle consuete relazioni umane. Eppure, Antigone, posta di fronte a Creonte, invoca l’amore come motore delle sue azioni “non all’odio, ma all’amore sono nata” e non certo nel tentativo di muovere a compassione il re o di trarlo dalla sua parte. E dopo poco, alla rivendicazione di Ismene di voler essere sottoposta alla medesima pena decretata dal re, Antigone ha un ulteriore moto di ribellione e le intima “non morirmi mia e quel che non hai toccato non fare tuo”. Il filo che Antigone pare seguire se da un lato la lega al fratello morto ed è gesto d’amore estremo in quanto “madre di Morti in casa e padre chiusi, non c’è fratello che possa mai spuntare”, dall’altro crea uno squarcio su altre forme di legame da cui sembrerebbe per lei molto più facile sciogliersi e svincolarsi. In questo senso, la figura di Antigone estremizza alcuni aspetti del femminile che, come tali, sono votati a una condizione di solitudine e isolamento, più che a una di collante sociale: insoddisfazione, privazione, rinuncia, sono nomi di una certa forma particolare di godimento, di qualcosa che si nutre della sua stessa mancanza, e non necessariamente imboccando la strada della perversione e della patologia, ma quella dell’amore.
“Ed ora mi tira così per le mani, non un letto, non un canto d’imene, non di nozze il momento né di latte ai figli, lasciata così da chi amo, fuori parte, viva alle caverne dei morti m’avvio”.
Lo scandalo di Antigone è in questa sottrazione che fa di se stessa nei confronti di quegli ideali di felicità che dovrebbero normalmente costituire l’orizzonte femminile: l’uomo, da un lato, la maternità, dall’altro. Antigone, per amore di un fratello morto, rinuncia ad entrambi e si offre, lei stessa, in veste di sposa, a un destino di morte. Atto di ribellione estremo, finale ed eterno non solo all’autorità ma a ciò che le regole sociali hanno condiviso come scenario immaginario di realizzazione adulta. Se a questo vi sia destinata per “sorte del padre” non è certo. Ma Antigone incarna la rottura irreparabile che il femminile porta in sé, un substrato di disordine e sovversione che sembra rendere la donna meno saldamente ancorata e ancorabile ai dettami della regola sociale. Con buona pace degli uomini e di ogni forma di patriarcato si sia tentato e si tenti ancora, nei tempi, di instaurare.