Lo spazio di Atena
di Floriana Coppola
Già il titolo rimane ancora oggi una grande provocazione. L’arte della gioia, un romanzo affascinante e complesso. Goliarda gioca con le parole e conosce bene il loro potenziale evocativo. Solo nel 1998 il suo romanzo fu pubblicato nella versione integrale, con la revisione postuma del marito Angelo Pellegrino. Nel 2008 Einaudi lo ripubblica, considerandolo un vero e proprio capolavoro letterario. Romanzo di formazione, autobiografia immaginaria, narrazione politica, erotica, sentimentale. La scrittura sperimentale, magnifica e commovente, di una donna anarchica e femminista. Questo ritardo può essere responsabilità della miopia della cultura italiana, incapace di individuare tempestivamente i talenti che ha in casa. Devo confessare che, laureata in lettere moderne nel 1992, nessun percorso universitario mi aveva fatto conoscere Goliarda Sapienza e anche tante altre autrici, messe ai margine della letteratura accademica italiana. Infatti il successo di questo libro è assolutamente dovuto alla capacità delle donne di scavare tra i libri con curiosità e passione, cercando di far emergere scrittrici abbandonate e dimenticate. Destino che spesso può travolgere anche gli scrittori ma che in larga parte coinvolge le donne. Modesta, la protagonista del libro, è una carusa tosta, una donna siciliana che va contro le regole della morale borghese meridionale, contrasta ogni costume che costringe l’universo femminile a chiudersi dentro binari asfissianti e tradizionali, dove la libertà e il piacere sono principi trasgressivi e rivoluzionari.
E fu così che seguendo le mie mani spinte dagli urli scoprii, toccandomi là dove esce la pipì, che si prova un godimento più grande che a mangiare pane fresco, la frutta.
Ecco come Goliarda inizia il suo romanzo, partendo dalla casuale scoperta del suo corpo e del piacere da parte della protagonista bambina. Un incipit scandaloso che parla della masturbazione femminile. Una vera rivoluzione degli stereotipi tradizionali del copione di genere. Modesta infatti scombina ogni regola, sfida la cultura patriarcale a cattolica, fascista e mafiosa, una cultura che opprime le giovani donne.
Dove andrai tu, non avrai più possibilità di studiare, ma in compenso avrai il privilegio di imparare un mestiere. Sceglierai tu: sarta, ricamatrice, cuoca, sceglierai tu tra queste attività umili che sono le uniche cose che si confanno a una donna. Studiare è un lusso che corrompe, come sosteneva la nostra superiora di Torino. Io non ho mai aperto un libro che non fosse di preghiera.
Modesta attraversa la storia del Novecento con le sue avventure sentimentali, politiche e culturali. Diventa un grande personaggio della letteratura universale, un personaggio epico e trasgressivo. Il romanzo fu scoperto prima in Germania e poi in Francia, dove fu decretato il suo successo di pubblico e di critica. Ora L’arte della gioia è un libro tradotto in numerosi paesi del mondo. Eppure fu un libro maledetto, per causa sua Goliarda si ridusse in assoluta povertà. Figlia dell’avvocato socialista Giuseppe Sapienza e della sindacalista Maria Giudice, prima dirigente donna della Camera del Lavoro di Torino, Goliarda crebbe in un clima di assoluta liberà dai vincoli sociali, senza essere influenzata dai diktat culturali del fascismo. Da questo particolare humus esistenziale nasce la scrittura di Goliarda, che si riversa in questo romanzo come un fiume carsico, utilizzando sia il flusso di coscienza che un intreccio prosastico ardito, fatto di dialoghi vivissimi e descrizioni ficcanti. Il romanzo, che descrive il processo di individuazione esistenziale della donna, risulta a suo modo anche storico, perché riesce a tratteggiare un nodo importante: la formazione delle donne e delle persone nel passaggio dall’ottocento contadino alle società borghesi europee. Ma soprattutto parla dei percorsi di liberazione della donna da ogni copione ideologico e tradizionale. Modesta cerca la gioia attraverso il suo corpo, è donna di forti relazioni con il mondo, è madre appassionata e amante sensuale. Spesso Goliarda nel raccontare riflette sul destino delle femmine e degli uomini, fa emergere tutte le ingiustizie che devono subire le donne. Combatte proprio quel radicamento psicologico del senso di inferiorità, di sudditanza e di colpa che percepiva intorno a lei, segno di una strategia politica ben precisa, che perpetrava un’ ingiustizia sociale e politica inaccettabile. Lei combatte, con i mezzi che ha a disposizione, la subordinazione politica e privata, l’assoggettamento psicologico e affettivo delle donne sia nella sfera pubblica che in quella privata. L’arte della gioia vuole spezzare ogni tesi che possa giustificare il legame tradizionale di dipendenza della donna dall’uomo. Modesta è l’alter-ego di Goliarda. Nessun laccio può fermare il suo anelito di libertà. Sperimenta la vita in tutti i suoi aspetti, si ribella a ogni persona, a ogni sistema ideologico che cerca di limitare il suo raggio di azione, crea legami solidi e passionali ma mai diventa serva, mai abbassa il capo all’interno di una relazione. Usa la penna come una spada, per esprimere il suo dissenso e incarnarlo in ogni gesto narrato, coerente poi con la sua vita reale. E per questa coerenza lei paga un prezzo alto, in termini di esclusione e di isolamento.
Ma le promesse di libertà che le onde e il vento andavano ripetendo, si frantumavano lungo i muri dei palazzi fioriti di rose e pampini di lava tagliente. Non c’era libertà in quelle strade e vicoli, e piazze ambigue, traboccanti di soli uomini con pagliette e bastoni arroganti, spiati da ombre femminili nascoste fra le tendine delle finestre o nel buio dei bassi sempre socchiusi.
Modesta fugge dal destino tradizionale delle donne, destino rinforzato gesto dopo gesto, parola dopo parola, da una educazione bigotta fondata sul senso di colpa e usa dapprima il lavoro e il matrimonio di convenienza, per inventare un piano di emancipazione e di libertà. Ma non le basta e va avanti testardamente, cercando nell’indipendenza economica e nella ricerca culturale le risposte a tanti interrogativi esistenziali. Questi sono gli strumenti che Modesta si inventa, per uscire fuori da quella trappola. Corpo e intelletto si mescolano in un fuoco alimentato dall’esercizio della gioia, eccitazione vitale, pratica quotidiana e sapienziale. Per nulla docile e sottomessa, Modesta non rinuncia mai alla sua libertà di pensiero. Goliarda si rivede nel suo personaggio, racconta con una scrittura vulcanica e incandescente, attraverso la vita di Modesta, il suo percorso di formazione e lo trasforma, lo trasmuta in una giostra oscillante tra dialogo intimo e oggettivazione narrativa, costruendo così un punto di vista eccentrico, originale, squisitamente femminile.
Avevo ritrovato il mio corpo. In quei mesi di esilio, chiusa in quella corazza di dolore, non mi ero più accarezzata. Accecata dal terrore avevo dimenticato di avere il seno, il ventre, le gambe. Allora il dolore, l’umiliazione, la paura non erano come dicevano una fonte di purificazione e beatitudine. Erano ladri viscidi che di notte approfittando nel sonno, scivolavano al capezzale per rubarti la gioia di essere viva. Quelle donne non facevano nessun rumore quando ti passavano accanto o entravano e uscivano dalle loro celle: non avevano corpo. Non volevo diventare trasparente come loro.
Rivela, questa autrice, una personalità intensa, e molto spiccata, che lascia trapelare, nelle sue opere
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L’ha ripubblicato su poesie semiserie.
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