Il signore d’oro di Vivian Lamarque

Lo spazio di Atena
di
 
 Matilde Cesaro

Il signore d’oro

Era un signore d’oro. Un signore d’oro fino, zecchino.
Per il suo carattere duttile e malleabile, per il suo caldo dorato
colore, per il luccichio dei suoi occhi, era un signore molto
ricercato.
I corsi dei fiumi venivano deviati, i fondali scandagliati e setacciati,
ma i signori che affioravano brillavano poco, erano signori 
pallidi, opachi, non erano d’oro vero, erano signori falsi.
Non avevano aurifere vene?
No, le loro lente vene scorrevano quasi del tutto essiccate in 
direzione dei loro minuscoli cuori, a fatica.
E dov’era il signore d’oro vero?
Lontano, in una casa assolata, pigro e paziente, aspettando di
essere trovato, in un angolino, il signore d’oro luccicava.

Parole semplici per veicolare un antico malessere. Il signore d’oro è una storia in versi di un amore irrisolto, un amore impossibile, quello che una paziente prova per il suo psicanalista.

Il sentimento tracima e cerca la sua forma per essere: bigliettini al volo, pensierini notturni, una frase al mattino per salutare, per ringraziare, per comunicare, per puntualizzare, per ripercorrere un’emozione e farne sentire la voce, per coglier un attimo prezioso, per esprimere un disagio, per rincorrere e per amare. Una raccolta impressionante di fogli, di lettere, di appunti, di parole. Ci si può innamorare del proprio analista? Certo è ben possibile e la letteratura psicoanalitica lo documenta. «Il paziente riproduce, in forma intuibile, attuale, in luogo di ricordare. […] il ricordare è un rivivere» S. Freud

Il signore nel cuore

Le era entrato nel cuore.
Passando dalla strada degli occhi e delle orecchie le era entrato nel cuore.
E lì cosa faceva? 
Stava.
Abitava il suo cuore come una casa.

Una coloritura emotiva forte, che si snoda per tutto il percorso analitico. «L’unica via d’uscita dalla situazione della traslazione consiste nel riannodarla al passato dell’ammalato, così come egli lo ha effettivamente vissuto, o come lo ha costruito nella sua immaginazione agente al servizio dei suoi desideri» Freud – La mia vita e la psicoanalisi

Che complicazione verrebbe da esclamare! Vero, ma la  scrittura trasforma il mondo emozionale di Viavian Lamarque e le parole forgiano versi per descrivere, raccontare, raccontarsi.

Vivian Lamarque è nata a Tesero, in provincia di Trento, il 19 aprile 1946. Di origini valdesi va in adozione, a nove mesi, in quanto illegittima, a una famiglia cattolica milanese. A quattro anni ha perso il giovane padre adottivo, un vigile del fuoco. A dieci ha scoperto di avere due madri e ha iniziato a scrivere le prime poesie.

Nel 1984 a 38 anni, sentendo forte la necessità di un soccorso, entra in analisi. “Tutto era iniziato (finito mai) il 14 febbraio del 1984”. (Il signore d’oro)

La sua prima seduta durò 90 minuti, durante i quali riuscì ad elencare tutte le figure genitoriali comparse sulla scena e le loro scomparse (tre su quattro al quarto anno di vita). A dieci anni girava per i cimiteri ebraici alla ricerca dei nomi della sua famiglia di origine. A 15 credeva che una sua prof le fosse consanguinea e nel suo diario comincia a segnare i voti belli o brutti ricevuti,  che considera un segno di affetto o di distanza, adottata quest’ultima per non fare la differenza con le altre.

Splendidissima era la vita accanto a lui sognata
Nel sogno tra tutte prediletta la chiamava
E nella realtà?
La realtà non c’era, era abdicata.
Splendidissima regnava la vita immaginata

Una scrittura infantile al primo impatto ma non banale. Immediata, questo sì:  facile da comprendere, da empatizzare.

Il signore puntino

Non potendolo vedere sempre, quando infine poteva vederlo lo
guardava moltissimo, fino all’ultimo minuto, fino all’ultimo
secondo, e anche dopo si voltava indietro, si voltava indietro.
Il signore diventava sempre più piccolo, ormai era quasi del
tutto irriconoscibile, eppure lei lo riconosceva benissimo,
anche sottoforma di minuscolo puntino laggiù.

La continuità della relazione analitica la mette di fronte alle sue angosce, alla sua incapacità di progettarsi senza il timore di perdere, di perdersi. Un lavoro di scavo in cui le parole fluiscono abbondanti e portano alla luce significati nuovi e Vivian ci si aggrappa. Usa quelle parole per fronteggiare un dolore, una richiesta, una incertezza.

Il Signore del buio è munito di lenti speciali che vedono anche dove non c’è luce e vede cose di cui lei è spaventata: Lavorava dove c’era buio/ Per questo portava lenti speciali che vedevano anche cose invisibili, per esempio una volta vide una paura.

La ricerca di Vivian Lamarque descrive il suo percorso, il transfert, il quantum d’amore che cerca il suo doppio per potersi esprimere, per essere in maniera completa. La signora aspetta il suo signore. L’attesa fa parte del complesso meccanismo relazionale. Sa che la distanza non potrà essere colmata se non con le sue parole.

Il Signore nell’aria

Alle ore venti ognuno tornava nella sua casa.
Non avevano una stessa casa?
No, ma nell’aria sì.
Nell’aria?
Sì, a destra e a sinistra nel mezzo dell’aria avevano una stessa casa.
Con le porte le finestre gli uccelli le cene
Le voci e il riposo.
Non i colori?
Sì, colori splendenti erano appesi nei quadri nell’aria della casa

Il desiderio di una regolarità consentita, di far casa intorno a un pensiero, a quella sensazione di unione, di fusione da coniugare con la necessità di cambiare posizione, di mutare pur rimanendo immobili, di raggiungere comunque l’altro in qualsiasi modo.

La signora dei foglietti
Gli scriveva lunghi foglietti che il signore leggeva meticolosamente,
prima di accantonare.
I foglietti in silenzio accantonati, alti dei metri, pesavano
Come una montagna sul cuore di chi li aveva scritti per,
senza riuscirci, liberarsene.
La montagna dei foglietti accantonati cresceva cresceva,
schiacciava il cuore della signora scrittrice come
un pesantissimo schiacciasassi.

Rigo dopo rigo acquista consistenza, volume, la figura del signore che pur possedendo le chiavi dell’inconscio aspetta che sia lei ad usarle. È la paziente che deve fare il primo passo verso la guarigione. E allora La signora allagata non ferma il suo passo e cerca in tutte le direzioni. La signora nata quarant’anni fa./ Però gli anni non erano durati veramente un anno/ e i mesi non erano durati veramente un mese.

Il tempo diventa un corollario prezioso, spariscono i per-sempre diventato corto, cortissimo. La signora in fretta sa che non deve sprecare più nemmeno un minuto. Sì, bisognava spicciarsi, per questo lei, in fretta, lo adorava.

Il desiderio vagheggiato “a cosa servono i baci se non si danno?”, la ricorrenza degli appuntamenti, le rincorse affannose, i bigliettini e molti altri piccoli doni consegnati al mittente sono arricchiti di una certa ironia, veicolata da un linguaggio infantile, un’armonia da ritornello, che però descrive con una precisione estrema. Il Signore d’oro zecchino era il meno innamorato di tutti però le socchiude la porta a quel prezioso incontro con se stessi. Il momento del distacco ha versi che riassumono il loro incontro ma chiudono con un irrisolto, un punto interrogativo.

Il signore e la signora
Erano un signore e una signora che si erano conosciuti lo
stesso giorno.
Che ore erano?
Le dieci e trenta.
E dove erano?
Erano sotto il livello stradale di 4 o 5 gradini.
E come avvenne?
La signora suonò alla porta e il signore aprì.
E dopo?

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3 commenti Aggiungi il tuo

  1. silviadeangelis40d ha detto:

    Succede, di lasciarsi coinvolgere emotivamente, dalla persona cui affidiamo i nostri più profondi pensieri…Lasciano trapelare, le strofe della Lamrque, una raffinata sensibilità e creatività interiore….
    Un pensiero gioioso, per te, Lucia, silvia

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  2. poetella ha detto:

    amo molto quest’autrice. Ho avuto la fortuna di conoscerla in un appuntamento a Teatro Torlonia, a Roma… prima di quest’inferno di epidemia…
    Dolcissima. Ricordo che, leggendo alcuni suoi versi, a un certo punto s’è fermata e ha chiesto a noi, pubblico, se una parola da lei scelta fosse davvero la migliore in quel preciso punto del verso…
    Dopo consultazioni varie, la parola è rimasta lì. Non ce n’era un’altra più adatta.
    Davvero una donna di una sensibilità, di una ricchezza interiore tali che solo chi ha molto sofferto penso arrivi ad avere.
    Poi, non so…

    Grazie. Splendido post.

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  3. poetella ha detto:

    L’ha ripubblicato su Poetella's Bloge ha commentato:
    uno splendido post su una poetessa che amo molto.

    "Mi piace"

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